lunedì 30 novembre 2009

E' possibile curare la malattia attraverso il linguaggio?

"La mia voce ti voce ti accompagnerà", il bellissimo libro scritto del grande psichiatra nonchè ipnoterapeuta statunitense Milton Erickson, esprime la convinzione che la malattia cronica non fa altro che confermare all'inconscio la cronicità della stessa.

Il linguaggio è innanzitutto emozionale ed esso esprime il vissuto del paziente.

Accanto ad un'espressione verbale incosciente, che si attua solitamente attraverso simboli ed analogie, c'è la relativa espressione fisica che il paziente stesso manifesta.

L'espressione di una determinata afflizione si espleta dunque sia a livello di linguaggio che sul piano fisico, in quanto essa stessa è frutto della realtà interna di una persona, della sua immaginazione che è inconscia ....e mentre il malato parla esprime i suoi sintomi.

Come sottolinea la dottoressa Gabriella Mereu è proprio un processo interno che porta alla malattia, un'emozione negativa che dà origine all'immaginazione ... è dunque il pensiero.. porta alla malattia.

L'immaginazione sviluppa una metafora che è la malattia stessa. Ed è attraverso il linguaggio verbale che si decodifica tale metafora.

Dietro a quasi tutte le malattie, c'è un sentimento di paura, anche se all'origine possono esserci rabbia o sensi di colpa.

E' quindi necessario monitorare il terreno psichico attraverso la consapevolezza che la malattia proviene da noi stessi e dai nostri meccanismi inconsci.

Il legame mente-corpo è indissolubile e la cura si attua nel momento in cui si entra in contatto con se stessi.

Per capire in quale contesto emozionale si sviluppa una determinata malattia, l'esame della grafia può essere di grande aiuto in tal senso.

I soggetti più a rischio di malattia sono i soggetti più rigidi, i più severi, i più formali in quanto soffocano l'inconscio, che nonostante ciò, si manifesta sotto forma di malattia.

La rigidità è la cristallizzazione degli infelici ricordi del passato e della paura di un altrettanto infelice futuro.

La malattia poggia su un terreno depressivo e aggredisce chi non dice a se stesso la verità.

Oltre a ciò, è importante notare la mimica del paziente, il suo modo di guardare, di rispondere, il suo portamento che sono altamente esplicativi.

I sintomi devono dunque essere intesi nel loro contesto personale.

La rigidità e la durezza sono il sintomo ed i vocaboli più ricorrenti, cioè si è rigidi nella malattia cosi' come lo si è nella personalità. La rigidità delle credenze porta all'orgoglio che cozza con il concetto di vita stesso che è mutamento.

Risolvere il problema è prenderne atto, vedendolo e affrontandolo in maniera diversa e modificandone i sentimenti rispetto al problema stesso.

Tutte le malattie sono di origine psichicha: la consapevolezza del significato del sintomo porta alla liberazione dalla paura perchè essa esprime il principio che la malattia viene da noi stessi.

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