mercoledì 20 maggio 2009

Che cosa si intende per "personalità"

L’ esplorazione, mediante l’aiuto della psicologia e dei suoi molteplici strumenti conoscitivi, della personalità di un uomo, di una donna o di un bambino è davvero affascinante.

Vediamo allora di fare il punto, nel modo piu’ semplice possibile , su cosa intendiamo con questo termine. Benché si tratti di un termine di uso comune, la psicologia se ne serve con prudenza, e ce ne offre anzi diverse e persino opposte interpretazioni, secondo le epoche e le scuole che l’hanno affrontata.

Per prima cosa va detto che, al di là delle definizioni, la nozione scientifica di personalità programmaticamente ad una visione unitaria dei processi psichici, tende cioè a non considerare separatamente le diverse funzioni della mente, quali la memoria o l’affettività o la volontà, bensi’ a comprenderle tutte insieme. Chi parla di personalità ritiene insomma che tali funzioni siano un tutto armonico e integrato, regolato da dinamiche tali che la piu’ lieve modifica di una delle funzioni non può non interessare tutte le altre.

Rispetto all’uso comune del termine non c’è, in fondo, gran differenza, almeno a questo livello: quando diciamo di qualcuno che “ha personalità”, non intendiamo forse riferirci a qualcosa di complessivo, che va al di là dell’apprezzamento di questa o quella dote particolare? E’ stato giustamente rilevato che l’uso comune allude a una sorta di “abilità o accortezza sociale”, una capacità di suscitare nella gente una certa impressione, e al tempo stesso di reagire positivamente e costruttivamente ai diversi stimoli che vengono dalla realtà esterna.

Ebbene, c’è del vero in questo senso comune, in questo uso intuitivo del termine che la gente pratica senza rifletterci gran che: perché la concezione della personalità piu’ generalizzabile è in definitiva quella che tende a definirla come una “super-funzione”, una funzione della mente che è preposta al coordinamento e all’organizzazione di tutte le funzioni principali e secondarie, in modo tale da ottimizzare l’adattamento alla realtà esterna (che poi, nella nostra civiltà, è una realtà fondamentalmente sociale).

Diciamo dunque, a conclusione di questa brevissima esposizione, che i vari tests sulla personalità, quali il test dello scarabocchio, il test del disegno della famiglia, il test dell’albero, il test dei colori, il test delle favole, il test dell’omino e molti altri hanno lo scopo di dare un quadro orientativo di tutte le funzioni che costituiscono la vita mentale del soggetto, ma non prese isolatamente, bensi’ considerate nella loro risultante, nel loro insieme organizzato: la personalità, appunto. Del resto, servirebbe a ben poco sapere, in modo frammentato e parziale – anche se magari scientificamente inappuntabile – che il tal soggetto ha un certo quoziente di memoria, di aggressività, di abilità manuale e cosi’ via.

Sono queste valutazioni di cui solo gli specialisti sanno cosa fare: per tutti noi invece è bene considerare l’essere umano una persona a tutti gli effetti, della quale non si devono misurare le sole capacità, ma comprenderne profondamente, incoraggiarne e sostenerne il delicato e affascinante sviluppo sin dalla piu’ tenera età.

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