Storicamente la grafologia nasce in Francia nel 1830, grazie all’opera dell’abate Michon, che per primo elabora un vero e proprio metodo grafologico nell’opera “Système de graphologie” e, successivamente, viene perfezionato dal lavoro di un suo allievo, J. Crépieux –Jamin (1859-1940), che ne classifica la scrittura e i suoi segni grafici in maniera rigorosa e scientifica.
In Germania, lo psicologo e filosofo nonché grafologo Ludwig Klages (1873-1956) introduce nella grafologia concetti filosofici e metafisici.
In Svizzera il caposcuola è lo psicologo Max Pulver (1889-1952) che per primo utilizza la psicanalisi junghiana nella grafologia ed afferma che, nell’atto dello scrivere, la mano risponde ad impulsi che partono dalla corteccia cerebrale e vengono fissati in un campo grafico rappresentato dal foglio.
In Italia, a parte i tentativi di C. Lombroso, molto si deve all’opera di Padre Girolamo Moretti (1879-1963), autentico caposcuola della grafologia italiana, che dà al suo lavoro un’impostazione centrata sul concetto dell’unicità, rielaborando una personale interpretazione dei segni grafici.
Verso la fine degli anni trenta Marco Marchesan (1899-1991) propone un sistema denominato “Psicologia della Scrittura”, individuando 226 segni e 3500 tendenze relative a tali segni.
Nel tempo la grafologia si diffonde nel mondo.
L’oggetto fondamentale della scrittura deve essere la devianza dal modello calligrafico, nel senso che tutti imparano a scrivere secondo un modello simile, nessuna scrittura, però, è uguale ad un’altra. Oltre a ciò è necessario associare un carattere grafico ad un particolare tratto della personalità, comprendendo i simboli che usa l’inconscio: ad esempio , il foglio rappresenta l’ambiente e cosi’ via.
La scrittura è, dunque, un gesto grafico in armonia con tutta la personalità ed è proprio attraverso tale studio che comprendiamo il linguaggio, la creatività , il comportamento e l’interiorità piu’ profonda di ogni essere umano.
In Germania, lo psicologo e filosofo nonché grafologo Ludwig Klages (1873-1956) introduce nella grafologia concetti filosofici e metafisici.
In Svizzera il caposcuola è lo psicologo Max Pulver (1889-1952) che per primo utilizza la psicanalisi junghiana nella grafologia ed afferma che, nell’atto dello scrivere, la mano risponde ad impulsi che partono dalla corteccia cerebrale e vengono fissati in un campo grafico rappresentato dal foglio.
In Italia, a parte i tentativi di C. Lombroso, molto si deve all’opera di Padre Girolamo Moretti (1879-1963), autentico caposcuola della grafologia italiana, che dà al suo lavoro un’impostazione centrata sul concetto dell’unicità, rielaborando una personale interpretazione dei segni grafici.
Verso la fine degli anni trenta Marco Marchesan (1899-1991) propone un sistema denominato “Psicologia della Scrittura”, individuando 226 segni e 3500 tendenze relative a tali segni.
Nel tempo la grafologia si diffonde nel mondo.
L’oggetto fondamentale della scrittura deve essere la devianza dal modello calligrafico, nel senso che tutti imparano a scrivere secondo un modello simile, nessuna scrittura, però, è uguale ad un’altra. Oltre a ciò è necessario associare un carattere grafico ad un particolare tratto della personalità, comprendendo i simboli che usa l’inconscio: ad esempio , il foglio rappresenta l’ambiente e cosi’ via.
La scrittura è, dunque, un gesto grafico in armonia con tutta la personalità ed è proprio attraverso tale studio che comprendiamo il linguaggio, la creatività , il comportamento e l’interiorità piu’ profonda di ogni essere umano.
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