lunedì 27 febbraio 2012

Considerazioni personali su James Hillman, Michele Ventura "100 anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio"

Leggo e rileggo lo stralcio che mi è stato gentilmente inoltrato del grande psicoanalista Hillman e il mio pensiero vola direttamente a "Il profeta" di Gibran mentre il tutto mi parla di anti-psicanalisi, una psicoterapia rivoluzionaria, agganciata alle cose, al mondo esterno, alla politica, al potere e quindi allo sfaldamento dogmatico di quel "bambino interiore" tanto caro a noi tutti per quel viaggio che ci ha sempre permesso di scavare in noi stessi e prendere visione e consapevolezza del fatto che se noi siamo cosi' è anche perchè la risposta è racchiusa là dentro.


Una crescita dunque ...non so ...un voler guarire piuttosto, per sentirsi meglio e meglio affrontare una società che ci dilania e ci bombarda...una classe politica non cresciuta, che dire.. invecchiare è inevitabile ma crescere è un optional, per tutti !


Parliamo di politici e/o cittadini attivi per una democrazia matura ma non parliamo del fatto che ci manca una intelligenza emotiva come background, che non ci è stata mai insegnata e pretendiamo di affrontare il potere, il business solo da un punto di vista intellettivo !!!


Forse un'intelligenza puramente matematia e logica come ci propone il business e la finanza non genere solo superficialità, investimenti speculativi e quindi aridità..Uomini robotici !!


Certamente il potere, il business e i suoi condizionamenti influenzano la società e in primis noi come cittadini ma se noi fossimo cittadini che hanno al loro attivo maggiore consapevolezza di se stessi forse avremmo una società diversa....ma allora come conquistare tale consapevolezza?


Pretendiamo di parlare di emozioni sociali...ebbene vediamo da cosa derivano per ognuno di noi?? Sono forse slegati dai nostri schemi di emozioni primarie o si vanno forse a sedimentare su di essi ? E allora perchè pensiamo e ci comportiamo in una determinata maniera?


Non so ...l'influenza esercitata dalla società fa parte dell'illusione che ci porta a credere di venire formati dalla forza sociale...la società stabilisce le regole e noi tutti ne siamo le povere vittime....e allora mi chiedo come può un singolo emergere?


E come hanno fatto i grandi innovatori di tutti i tempi a non lasciarsi condizionare?


Non hanno forse guardato in se stessi, al quel bambino interiore dentro di loroi !


Non so aggiungere altro...se non che sostengo una psicoterapia delle idee...questo si!

venerdì 24 febbraio 2012

"100 anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio" James Hillman, Michele Ventura

Oggi in psicoterapia va di moda il “bambino interiore”. In questo consiste la terapia – si torna indietro fino all’infanzia. Ma se si guarda indietro, non si guarda intorno. Questo viaggio all’indietro costella quello che Jung chiamava l’ “archetipo del fanciullo”. Ora, l’archetipo del fanciullo è per sua natura apolitico e privo di potere, non ha nulla a che fare con il mondo politico. E così l’adulto dice: “Bene, riguardo al mondo cosa posso farci? È una cosa più grande di me”. Ecco cosa dice l’archetipo del fanciullo. “Tutto quello che posso fare è entrare in me stesso, lavorare alla mia crescita, al mio sviluppo […]”. Ma questo è un disastro per il nostro mondo politico, per la nostra democrazia. La democrazia dipende da cittadini estremamente attivi, non da bambini. […] La parola crescere è una parola che va bene per i bambini… Se dopo una certa età si comincia a crescere, si tratta di cancro.


[…] Sono indignato e sconvolto dopo aver guidato sulla superstrada per andare dal mio analista. Quei dannati camion quasi mi buttavano fuori strada. Sono terrorizzato, sono nella mia utilitaria e arrivo dal mio analista che tremo ancora. Lui mi dice: “Dobbiamo parlarne”. Così cominciamo a parlarne, e scopriamo che mio padre era un figlio di puttana, un bruto, e che tutta questa faccenda del camion mi ricorda lui. Oppure scopriamo che mi sono sempre sentito fragile e vulnerabile, e che c’erano sempre ragazzi più grossi, col cazzo più grosso, e quindi questa macchina dove sto io è un tipico esempio della mia pelle sottile, della mia fragilità e della mia vulnerabilità. Oppure parliamo del mio istinto di potenza, del fatto che in realtà avrei voluto essere un camionista. Trasformiamo la mia paura in ansia – uno stato interiore. Trasformiamo il mio presente in passato, in una discussione su mio padre, la mia infanzia. E trasformiamo la mia indignazione – nei confronti dell’inquinamento, del caos o di qualunque cosa mi susciti indignazione – in rabbia e ostilità. Ancora una volta, una condizione interna; mentre era partita come indignazione, un’emozione quindi. Le emozioni sono essenzialmente sociali. Il termine emozione deriva dal latino ex-movere, muovere da. Le emozioni mettono in contatto con il mondo. La terapia introverte le emozioni; chiama “ansia” la paura. E tu la ritiri indietro e ci lavori dentro di te. Non lavori psicologicamente su ciò che quella indignazione ti sta dicendo riguardo alle buche nella strada, ai camion, alle fragole della Florida, nel Vermont a marzo; o sull’esaurirsi del petrolio, sulla politica energetica, le scorie nucleari, o quella povera vagabonda laggiù con i piedi tutti piagati. […]


Scriva questo punto in corsivo, in modo che non sfugga a nessuno: questo non vuol dire negare che uno abbia bisogno di andare all’interno – ma dobbiamo vedere cosa si fa quando si va all’interno. […]


Non è necessario liberarsi di quel desiderio di essere amati, ma è necessario smettere di pretendere che sia nostro padre ad appagarlo: nostro padre è l’oggetto sbagliato. E allo stesso modo non dobbiamo eliminare il sentimento di subire violenza – probabilmente quel sentimento di subire violenza, quel sentimento di impotenza, è molto importante. Forse però dovremmo immaginare che ciò che ci fa violenza non è tanto il passato quanto l’attuale situazione del “mio lavoro”, della “mia finanza”, del “mio governo” – di tutte le cose con le quali viviamo. Ecco che allora lo studio dell’analista diventa una cellula rivoluzionaria, perché ci si interroga anche su “ciò che, proprio adesso, mi sta facendo violenza”. Sarebbe una grande avventura per la terapia parlare in questo modo.»

mercoledì 11 gennaio 2012

La trappola delle ragioni e dei torti nel rapporto genitori - figli

Il rapporto genitori-figli travalica il tempo e le ere ma i problemi rimangono nonostante l'evoluzione della società.

Essere dei punti di riferimento nella vita dei nostri figli non significa imporre loro le nostre credenze e le nostre convinzioni, che a loro volta ci sono state tramandate e da noi assorbite in maniera più o meno obiettiva, ma semplicemente far capire che noi ci siamo nonostante tutto.

Il valore più grande da trasmettere è l'indipendenza nella valutazione e nelle scelte, una capacità decisionale che deve iniziare dalle piccole cose, anche banali perchè ciò li fortificherà e li renderà meno insicuri, adolescenti meno insicuri ...uomini meno insicuri...padri e madri meno insicuri.

Quante volte decidiamo noi per loro perchè pensiamo di possedere la pietra filosofale di una verità recondita e quante volte sbagliamo perchè non li abbiamo ascoltati con orecchi e suoni diversi ????

La trappola dunque delle ragioni e dei torti!!

L'essere nel giusto o in errore parla il linguaggio delle nostre proprie nozioni di giusto o sbagliato, che sono talvota di ostacolo alla nostra felicità e di chi ci ruota attorno.

I concetti di torto o ragione non sono che le nostre universali convinzioni...dettati da dogmi sui cui si posa il nostro mondo ma che certamente non vanno bene per tutti poichè noi tutti siamo diversi.

La nostra esigenza di trovare una risposta giusta è forse in parte dovuta alla ricerca di certezza sulla paura dell'ignoto. Può darsi che essa sia solamente un aspetto per la nostra passione per le dicotomie, per dividere il mondo in bianco e nero, in ciò che è buono o in ciò che è cattivo.....

Ma ben poche cose rientrano in categorie cosi' perfettamente delineate.


Ed ecco allora discussioni interminabili !


Qui non si tratta di avere ragione o torto ma di punti di vista diversi.

Che fare allora ???

L'unico modo di uscire da questa trappola è di smettere di ragionare in termini semplicistici di torto o ragione.


Dobbiamo semplicemente concerere agli altri di avere un'opinione diversa, rinunciando alle nostre esigenze, talvolta nevrotiche, di voler ergersi a sapienti guru e ristabilire una certa misura di comunicazione.

Ragioni e torti, qualunque essi siano, vertono tutti su delle mere convenzionalità e queste sono di intralcio particolarmente quando entrano in conflitto con quelle che un'altra persona può avere.